Il disturbo da attacchi di panico (DAP) è caratterizzato da episodi, generalmente improvvisi e intensi, in cui si manifestano sintomi somatici (palpitazioni, sudorazione, tremore, sensazione di mancanza d’aria, sensazione di confusione o depersonalizzazione, nodo alla gola, vertigini, ronzii alle orecchie, nausea) che innescano la paura di conseguenze catastrofiche (morire, impazzire, svenire, avere un infarto, ecc.).
Generalmente il disturbo esordisce con un primo episodio sorprendente e inaspettato, di fronte al quale spesso la persona cerca aiuto recandosi al pronto soccorso. L’intensità delle sensazioni, il loro carattere spiacevole e l’incapacità di dare una spiegazione all’evento innescano la paura di nuovi attacchi, l’attenzione ossessiva alle proprie condizioni, l'evitare luoghi e condizioni in cui si possa verificare un nuovo attacco.
Quando questa condizione si estende e si consolida prende il nome di agorafobia, che non è semplicemente, come il nome fa intendere, la paura degli spazi aperti, ma più in generale la paura di trovarsi esposti a condizioni in cui non si controlli la propria possibilità di fuggire o di ottenere aiuto nel caso possa manifestarsi un attacco di panico.
Generano pertanto ansia, e tendono ad essere evitate o affrontate solo con l’accompagnamento di una persona fidata, situazioni di affollamento o di isolamento, ascensori, autostrade, tragitti lunghi, spostamenti in luoghi sconosciuti, mezzi pubblici, luoghi in cui si possa dover attendere in coda.
Con l’andar del tempo, spesso i pazienti che soffrono di questo disturbo dichiarano di non essere più soggetti, come nei primi tempi dopo il primo attacco, ad episodi intensi di panico, ma piuttosto di soffrire per le limitazioni a cui i loro evitamenti li costringono e per l’ansia che accompagna il muoversi nel mondo esterno con l’attenzione continuamente centrata sulla necessità che le proprie condizioni di sicurezza non vengano alterate.